Onorevoli Colleghi! - In Italia vi sono circa 67 milioni di utenze di telefonia mobile.
      Il 91 per cento di queste utenze è composto da carte ricaricabili contro il 9 per cento di contratti di abbonamento.
      A differenza delle carte ricaricabili, sui contratti di abbonamento grava una tassa di concessione governativa (ai sensi dell'articolo 21 della tariffa annessa al decreto del Presidente della Repubblica 641 del 1972), nella misura di 5,16 euro per l'uso familiare e 12,81 euro per l'uso economico.
      La tassa di concessione governativa fu introdotta agli inizi degli anni 90 quando la telefonia mobile era considerata un lusso per pochi su cui si riteneva dovessero gravare tasse e sovrattasse, anche in un'ottica - assai sbagliata - di «rivalsa sociale».
      Non avendo alcun riferimento al livello di consumo o di reddito, questa tassa ha

 

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oggi caratteristiche regressive, penalizzando in particolare i percettori di redditi medio-bassi e le piccole e medie imprese.
      È infatti del tutto evidente che le grandi aziende, sviluppando un traffico telefonico intenso, possono sopportare un costo fiscale fisso mensile che incide per una percentuale risibile sui propri bilanci e sul costo del servizio, mentre per le piccole e medie imprese gli artigiani, che sviluppano un traffico ben inferiore, la tassa di concessione governativa rappresenta un significativo aumento della pressione fiscale, oltre che del prezzo del servizio.

      Il gettito della tassa di concessione governativa (che riguarda - è bene ricordarlo - solo il 9 per cento delle utenze di telefonia mobile) è pari a circa 740 milioni di euro annui.
      I costi di ricarica richiesti dai gestori nel corso del 2006 ai clienti delle carte ricaricabili sono stati pari a 1,7 miliardi di euro, comprese l'imposta sul valore aggiunto (IVA). Di questi 1,7 miliardi: di euro circa 800 sono tornati allo Stato tra imposte dirette e indirette (300 solo di Iva).
      Tra tassa di concessione governativa e imposte dirette e indirette sulle ricariche (al netto del traffico telefonico), lo Stato ha quindi incassato nell'anno 2006 almeno 1,5 miliardi di euro, a fronte di un margine dei gestori per i cosiddetti costi di ricarica addebitati ai clienti di circa 900 milioni di euro. Le cifre dimostrano che dai «balzelli» sulle spese telefoniche non riferibili al traffico effettivo, lo Stato ha incassato mediamente più dei gestori.
      Il permanere dell'antistorica tassa di concessione governativa per gli abbonamenti di telefonia mobile è stato fina causa primaria dell'effetto di polarizzazione dell'utenza verso il sistema delle carte ricaricabili, in quanto - nonostante l'aggravio dei prezzi dovuto ai contributi di ricarica - la stipula di contratti di abbonamenti è sempre stata mediamente più onerosa delle carte ricaricabili. A dimostrarlo è stata un'indagine conoscitiva sui contributi di ricarica nei servizi di telefonia mobile a credito pre-pagata, realizzata congiuntamente dall'Autorità garante del mercato e della concorrenza e dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nel novembre 2006, la quale ha ben evidenziato la portata della tassa di concessione governativa sul prezzo effettivo del servizio di ricarica, spiegando che «nel 2005 la spesa media mensile in traffico dei clienti del servizio prepagato non ha raggiunto i 15 euro e che, di conseguenza, qualora tali utenti si fossero avvalsi del servizio in abbonamento, la sola tassa di concessione governativa avrebbe provocato in media un aggravio di prezzo superiore al 40 per cento» mentre l'aggravio medio di prezzo connesso alle spese di ricarica è stato pari al 18,3 per cento.
      Il prezzo di ricarica è stato quindi uno degli effetti perversi della tassa di concessione per gli abbonamenti di telefonia mobile (non casualmente tanto i costi di ricarica quanto la tassa di concessione sono un unicum nel panorama europeo).
      È possibile ridurre la spesa per i clienti solo usando meccanismi di mercato ed agendo sulla leva fiscale, non attraverso interventi governativi dirigisti e «distorsivi»
      La riduzione dei prezzi dei contratti di abbonamento di telefonia mobile, da perseguire grazie all'abolizione della tassa di concessione governativa sui contratti di abbonamento della telefonia mobile, garantirebbe invece una maggiore apertura del mercato ed eliminerebbe l'attuale segmentazione del mercato della telefonia mobile.
 

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